30 Nov Caro Diario
Oggi voglio scriverti per raccontarti di una persona a me molto cara: mio fratello Andrea. Il nostro rapporto non è come fra tutti i normali fratelli, ovvero di amicizia, ma di amore e di affetto, addirittura oltre l’amore dei genitori; è qualcosa diverso, di più profondo. Io che sono più grande di 2 anni e mezzo rappresento per lui un punto di riferimento, lui per me è la cosa più cara. Dormiamo insieme in un letto matrimoniale e credo che questo basti come simbolo del nostro legame. Andrea ha nove anni e mezzo, è abbastanza alto, biondo e con gli occhiali (eh già, non ci vede proprio, basta guardare da che distanza guarda la televisione) ed è magro. Ma perché, ti starai chiedendo, è così diverso dagli altri, e bada bene che non è un difetto: ha la sindrome di Down. Mi chiedo: perché per tutto il mondo avere questa sindrome basta per odiare una persona? Anzi, la sindrome di Down è un offesa. Basta andare in città, entrare in corso Italia e senti qualche ragazzino che con voce maleducata urla: “Sei proprio mongoloide!”, “Sei davvero un Down, eh!”, “Sei un ‘andicappato”, “O mongolo”. Perché mi chiedo. E’ inutile negarlo, succede. E’ una delle offese preferite della società moderna. Ma mi chiedo: perché essere down deve essere visto in modo così negativo da diventare un’offesa? Va bene, lo ammetto, magari Andrea si mette le mani in bocca, a volte si fa la pipì addosso, fa dei versi oppure è lento a fare alcuni movimenti, ma questa è solo l’apparenza. E le persone non si giudicano che da questa. Per questo non arrivano mai a conoscere le loro doti in parte nascoste. Infatti, lo escludono solo perché “è brutto”, si ciuccia le mani e non riescono a vedere, nemmeno minimamente, le cose che contano veramente. Andrea, ad esempio, ha una dote eccezionale per la musica, ha una grande fantasia, è bravo a matematica e fa spesso ridere. Quando è arrivato in prima elementare nessuno ci voleva stare insieme, ma ora tu sapessi quanti amici ha (Filippo, Luca, Anna Maria). Addirittura li invita a giocare qui e soprattutto lui non si perde nemmeno un compleanno. Anche le maestre hanno capito che “non morde”. Infatti, in seconda elementare, non gli avevano dato il libro di matematica. Perché? Perché era down. Lui non poteva fare le attività della classe, anzi ogni tanto lo mandavano a prendere un po’ d’aria nel corridoio o in giardino. Ma caro diario, essere down non vuol dire essere un cagnolino, che non può lavorare come tutti e che ogni ora deve uscire a fare una passeggiata. E’ un essere umano che lavora in classe, che fa la lezione e studia come tutti. Ma soprattutto deve prendere i voti sulla scheda! E non la relazione come si può fare dal dottore: “il bimbo sta imparando le addizioni, sa contare bene, ha difficoltà con le sottrazioni…” “il bambino legge con fatica, scrive meglio, sa riconoscere le immagini” e così via. Io non voglio assolutamente negare che Andrea sia down, lo è. Voglio negare il fatto che essere down sia un difetto. Andrea per me è un fratello, un amico, un punto di riferimento. Anche se legge con fatica e mangia solo cose frullate, gioca con me, guardiamo la televisione insieme, tifa una squadra (perché proprio la Juventus? Non poteva essere il Milan?), ha la maglietta della sua squadra ed è contento quando vince, ha un proprio idolo (Totti), ha le sue canzoni preferite, il proprio sport preferito, fa moltissime attività (pattinaggio, musica…), i propri interessi, i propri cibi preferiti, gli piacciono i cartoni, ha i suoi amici preferiti, i propri animali preferiti, la sua materia preferita, i suoi libri preferiti, le sue maestre preferite e tutte le altre cose che ogni essere umano ha. Andrea è la persona a cui sono più affezionato (sta a dimostrarlo il fatto che la sera non si addormenta senza di me). A me piace esattamente com’è, altrimenti non sarebbe più lui. Ora ti saluto, ciao
Luca Barone