Vita da papà

L’8 marzo 2009 è nato Leonardo: sono diventato papà. Incredibile. Quelle responsabilità, che durante la gravidanza si profilavano vaghe all’orizzonte, quella notte, gravi, dense, si sono materializzate. Rammento l’emozione indescrivibile al momento della nascita di mio figlio, cui è seguita una sensazione di sostanziale inadeguatezza di fronte ad un evento, una persona, che avrebbe da subito e per sempre cambiato la mia (la nostra) vita. Ricordo l’esperta naturalezza dell’ostetrica che lavava (e poi vestiva) Leonardo appena nato: io la osservavo e guardavo Leonardo, intuendo, ma senza ancora comprendere appieno, che sul pianeta c’era un essere umano in più e che questo fatto miracoloso in primis riguardava me.

Poi l’ostetrica mi ha dato Leonardo in braccio: l’idea di “aver fatto il passo più lungo della gamba” è divenuta nitida nella mia mente. Nondimeno, mentre cantavo per tranquillizzarlo (il ragazzo, anche se era appena arrivato, si faceva sentire eccome) e, incerto, timoroso di fargli male, lo cullavo, mi accorgevo che un qualche misterioso meccanismo si era attivato; al di là di tutte le mie sensazioni, idee, stati d’animo, di fatto, nella concretezza di quei primi incredibili momenti, questa cosa del papà stava piano piano funzionando; insomma, davvero stavo cullando il mio (il nostro) bambino, lo facevo con gusto e non mi sembrava (nonostante gli strilli) di andare particolarmente male.
Circa mia moglie, posso dire solo questo: dopo essere stato al suo fianco durante il travaglio ed il parto ed aver visto “in azione” lei ed il personale sanitario (tutto al femminile), che l’assisteva, mi sono convinto della netta superiorità della donna sull’uomo.

Leonardo dalla parte del papà ha tre zii : Giovanni (quarantuno anni, da anni vive per conto suo); Raffaella (trentanove anni, sposata con Francesco: hanno due figli, Federico e Chiara); Maria Claudia (trentadue anni con Sindrome di Down, vive con i nostri genitori).

Maria Claudia non parla, non legge, non fa tante cose ed invero nemmeno è una persona lamentosa. Se si lamenta vuol dire che sta davvero male.
Un giorno, quando Leonardo aveva un mese e mezzo circa, Maria Claudia si sente male di stomaco al centro della ASL che frequenta la mattina: avvisano i miei genitori, che, però, non si trovavano a Roma. Mi telefona mio padre per dirmi se fossi vicino casa, ma io ero all’università e non potevo liberarmi. In ogni modo di Claudia (che nel frattempo era stata riaccompagnata a casa) si prende cura la persona che vive lì a casa sua e dei miei genitori sotto la supervisione di mia zia, che è medico. Nulla di grave; si tratta di una forma virale che colpisce lo stomaco: comporta vomito, dolori, etc. e soprattutto è piuttosto contagiosa (probabilmente Claudia l’ha presa da papà che l’ha presa dalla nipotina Chiara).

In serata, tornando a casa, passo da Maria Claudia (abitiamo vicini): Claudia piangeva, si lamentava. Sono rimasto un po’ con lei…….. la malattia, però, è molto contagiosa. Se me la prendo io, poco male; se però la trasmettessi a Leonardo, che ha appena un mese e mezzo, per lui sarebbe un problema piuttosto serio.

Vado a casa mia, convinto di dover tutelare la salute di mio figlio, ma con un gran senso di colpa per non essere rimasto più a lungo vicino a mia sorella (disabile), proprio quando stava male. L’indomani alla fine della giornata ripasso dai miei per sapere di Claudia: mi dicono che va meglio, ma di non andare da lei perché non debbo espormi al possibile contagio.

Anche dopo qualche giorno sono tornato da Claudia, ormai quasi rimessa.
Che dire? Leonardo o Claudia? Claudia o Leonardo? Sembrerà l’uovo di Colombo: Leonardo e Claudia. Certo, nei limiti del possibile e del ragionevole.
Leonardo, che ora ha quasi otto mesi, guarda sempre la zia con simpatia e curiosità: speriamo che continui così.

Federico Girelli